Storia e origini del bikini nel post dedicato alle mode estive, a cura di Fashionaut
Sebbene si possa pensare che tanta audacia nasca ai giorni nostri, in vero il costume a due pezzi era già in voga intorno al 1400 A.C. in epoca greco romana.
Illo tempore, la donna viveva una maggiore libertà, che si è poi persa con l’avvento del cattolicesimo.
Per ritrovare la propria indipendenza, bisogna aspettare il 1900: ma andiamo per gradi e svisceriamo punto per punto la storia e le origini del bikini.
Origini del nome
Il nome prende ispirazione dall’atollo di Bikini, nelle isole Marshall, dove nel boom della seconda Guerra mondiale, gli Stati Uniti erano intenti a fare particolari esperimenti atomici.
Il due pezzi si ispira quindi al concetto di bomba, proprio per indicare un’esplosione di novità in barba alle tradizioni dell’epoca. E in effetti lo fu.
Ad oggi ci si domanda solo chi ha dato questo nome al fantastico costume che oggi ancora esalta la bellezza femminile in ogni sua forma.
Gli albori del bikini
Il bikini è il simbolo di vacanze, di mare e di libertà di espressione. Questa tipica apertura mentale era già concessa nella Grecia Antica e nella società romana, dove il due pezzi non serviva per la tintarella o per fare un bagno a mare (per una società aperta e sfrontata come quella ellenistica, alle terme e al mare si faceva il bagno nudo).
All’epoca infatti il due pezzi era perfetto per praticare sport come l’atletica, la ginnastica e la danza.
Secondo alcuni storici, tuttavia, forse il concetto di bikini nasceva ancor prima dei greci e dei romani, bensì nelle civiltà che si erano stanziate nella zona della Turchia moderna.
Dal costume da bagno castigato al bikini
Dopo il periodo degli eccessi e della trasgressione, come detto, l’avvento del cattolicesimo castigò il concetto di donna, e per i secoli a seguire fino al 1700, scoprire il proprio corpo fu considerato sintomo di poca inibizione da parte delle donne.
Si usavano infatti, in qualunque circostanza e anche per il bagno, degli abiti con corpetti e calzoni ai quali venivano sovrapposte grandi gonne oppure abbondanti mantelli.
Ogni lembo di pelle delle donne doveva in pratica rimanere coperto e nascosto agli occhi degli uomini.
Durante poi l’età vittoriana (1837-1901) nel Regno Unito (e meno diffusamente in altri paesi) nacquero le cosiddette bathing machines cioè cabine di legno con ruote che, portate in mare da cavalli con le donne a bordo, consentivano loro, una volta uscite, di nuotare lontano da occhi maschili indiscreti.
Qualunque fosse la mise, mai e poi mai si poteva fare sfoggio del proprio corpo davanti ad altre persone.
La rivoluzione del 1900
Fu però nel secolo scorso che iniziò ad emergere una spiccata propensione femminile alla ribellione e alla trasgressione: il vestiario per andare al mare cominciava a ridursi in ampiezza e in lunghezza.
Coco Chanel negli anni ’20 rivoluziona la moda del momento e porta in passerella delle collezioni fatte di abiti più corti e scollati, con pantaloncini staccati dal corpetto.
Continuando su questa lunghezza d’onda, negli anni ’30 jacques Heim creò il due pezzi (chiamato “atomo“) composto da un reggiseno e una culottes a vita alta che nascondeva l’ombelico. Ci avviciniamo sempre di più così al concetto di bikini.
Nel 1946 fu Louis Réard a portare nella società il bikini come lo conosciamo oggi: un reggiseno e una mutandina che metteva in risalto anche l’ombelico.
A sfoggiare il primo modello fu la spogliarellista e modella Micheline Bernardini durante una sfilata a bordo di una piscina a Parigi.
Per i valori incarnati dalla società del momento quello fu uno scandalo a 360 gradi tanto che il bikini fu censurato per tornare in vendita solo negli anni ‘50.
E infatti, durante l’edizione del 1951 del concorso di Miss Mondo che si tenne a Londra, l’indegno due pezzi fu vietato: anche quell’America considerata nazione liberalità per antonomasia si lasciò scandalizzare dal corpo semi scoperto della donna.
Il cambiamento al cinema
Intanto nel mondo cinematografico, cominciava a venire in risalto la trasgressione tipica della “femmina”.
E così nel 1952 Brigitte Bardot indossò il bikini in “Manina, ragazza senza veli“. Lo stesso fece Marisa Allasio nel 1956 in “Poveri ma belli” e lo stesso anno di nuovo alla Bardot in “E Dio creò la donna“.
Ma l’era del bikini inizia con Ursula Andress, la prima Bond girl, che nel 1962 in “Agente 007 – Licenza di uccidere” diventò l’icona femminile in bikini più famosa della storia del cinema. Nel 1966 fu la volta della bellissima Raquel Welch in “Un milione di anni fa“.
I cambiamenti sociali fino ai giorni nostri
Dalla civiltà antica ad oggi, il concetto di bikini è sempre stato associato alle all’emancipazione femminile, e soprattutto nei secoli scorsi le donne hanno sempre provato a ritagliarsi il giusto margine di libertà all’interno della società.
Forse proprio grazie ai movimenti femministi, alla rivoluzione del cinema, all’avvento dei mezzi di comunicazione e dei boom economici, il bikini ha fatto innamorare le donne di tutto il mondo rivelandosi emblema della femminilità.
Non fu certo un caso che agli inizi del 900, il Vaticano, neanche a dirlo, lo dichiarò peccaminoso.
Continuando la battaglia per l’emancipazione negli anni ’80, si passo addirittura dal bikini, al trionfo del topless.
I classici slip persero i centimetri per fare spazio al tanga.